Nei giorni scorsi si è parlato molto del caso della sindaca di Crema, che ha annunciato pubblicamente di aver ricevuto un avviso di garanzia a causa di in incidente occorso ad un bambino in un asilo comunale, dovuto ad un problema su una porta tagliafuoco. L’annuncio della sindaca, composto e sereno, ma fermo, ha avuto il merito di porre di nuovo il tema della difficoltà di gestire le cariche amministrative (sindaci, ma non solo), forse in un modo più chiaro e forte rispetto al passato. Si tratta di un tema molto vero, ma anche complesso e non semplice da dirimere.
Iniziamo a parlarne, ben sapendo che il tema necessita di tempo e luoghi dove essere affrontato in modo serio ed approfondito.
Sulle colonne di Battaglie Sociali, e più in generale come ACLI bresciane, più volte abbiamo lanciato l’allarme della scarsità numerica dei candidati alle elezioni amministrative, delle poche liste presenti, dei sempre maggiori comuni dove si presenta una sola lista. Se a livello nazionale i partiti abdicano un po’ al loro ruolo, ricorrendo spesso a figure “terze”, rimane comunque forte il livello politico e quindi rappresentativo, visto che il parlamento mantiene la sua centralità.
Diversamente a livello locale il ruolo del sindaco è molto rilevante: le sue eventuali dimissioni, tranne che in casi particolari, portano alla decadenza dell’intera giunta e dell’intero consiglio comunale. È particolarmente importante, affinché la democrazia funzioni bene e rimanga in salute, che molti cittadini
siano disposti ad assumere tale carica pubblica, perché nella competizione si possono mettere a confronto le differenze e far emergere, possibilmente, i candidati migliori.
Ci troviamo, invece, spesso (e questo capita sia nei grandi che nei piccoli comuni) a vedere alcuni candidati “tirati per la giacchetta”, quasi “costretti” a
candidarsi dalla pressione e insistenza dei partiti, di una parte della cittadinanza, del parroco o di persone di rilievo. E questo accade perché candidarsi a sindaco di una comunità, più che in passato, è una scelta non semplice: fare il sindaco oggi comporta una serie di responsabilità formali e giuridiche (su questo il grido d’allarme della sindaca di Crema), ma anche per un livello di attenzione e di “pressione” molto superiore al passato.
Se prima si dibatteva in consiglio comunale o nelle occasioni pubbliche in date predefinite e con il tempo di prepararsi e spiegare, oggi tutto è discusso in tempo reale sui social, spesso senza molto filtro e con toni molto superiori al necessario, e questo comporta la necessità che il sindaco sia costretto a replicare colpo su colpo anche solo per dimostrare quanto sta facendo. Anche questo è un elemento per il quale qualcuno, bravo e onesto cittadino e con tutte le carte in regola per diventare un bravo amministratore, sceglie di non dare la sua disponibilità. I (fondati) timori delle (molte) responsabilità, uniti alla ormai dilagante disaffezione della politica, hanno portato allora alla forte riduzione di cittadini disponibili a candidarsi.
Mentre il tema della responsabilità è sicuramente valido e serio, rispetto alla disaffezione dalla politica le cose non tornano: dalla quantità di commenti a qualsiasi notizia politica, al profluvio di soluzioni semplici a problemi complessi che moltissime persone scrivono o citano, forse in realtà ci troviamo in un momento in
cui è diffusa la sindrome del barbiere/tassista. Vale a dire che tutti sanno qual è la soluzione ai problemi, ma sono troppo impegnati a fare altro per potersene interessare di persona. Ed è un vero peccato, perché la democrazia ha bisogno di tutti, ma proprio di tutti, perché solo nel confronto vero si cresce e si può
selezionare il meglio. Se in tanti si tirano indietro, si rischia di rimanere con due sole categorie, gli eroi e gli “interessati”: in tempi normali, categorie delle quali si farebbe volentieri a meno.
Quando un sindaco si dimette viene mandato a sostituirlo, fino a nuove elezioni, un commissario prefettizio. Lo stesso accade quando alle elezioni si presenta una sola lista e non partecipa al voto almeno il 40% degli aventi diritto. Tutte situazioni nelle quali la democrazia viene “sospesa” in attesa che ricomincio il suo ciclo naturale. Sono situazioni sempre più frequenti delle quali forse non ci rendiamo conto: basterebbe tornare con la memoria agli anni del regime fascista, nelle quali il rappresentante del comune era il podestà, per capire quanto sia importante la possibilità di scegliere il proprio sindaco e il consiglio comunale con libere elezioni.
Se tutti andiamo sugli spalti a fare il tifo e nessun va in campo a giocare, la partita non si gioca. Allo stesso modo la democrazia rimane “sospesa” se ognuno non fa la sua parte e si mette in gioco, per quello che può e come può. Cerchiamo di capire come rimetterla in funzione.
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