Fino ad alcuni mesi fa l’obiettivo dell’Europa era di sostenere una crescita stabile e superare le difficoltà del biennio Covid. Il 21 luglio 2020, in risposta alla crisi sanitaria che tutti i paesi europei stavano affrontando, la Commissione europea, uno strumento temporaneo di ripresa e rilancio economico europeo volto a risanare le perdite causate dalla pandemia. L’impegno finanziario varato è stato di dimensioni epocali e l’ammontare complessivo delle risorse messe in campo è di oltre 800 miliardi di euro, inseriti all’interno del bilancio europeo 2021-2027 e destinato a tutti gli stati membri, con l’Italia fra i maggiori beneficiari. Il piano era imperniato su quattro priorità, tra cui la transizione ecologica era la più significativa. Consentiva di accelerare verso il Green Deal Europeo, cioè di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e mettere in pratica misure per la lotta al cambiamento climatico; di allineare le leggi attuali alle ambizioni per il 2030 e il 2050 e completare il percorso della transizione ecologica, dal Protocollo di Kyoto (1997) all’Accordo di Parigi.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza varato dal Governo e definitivamente approvato dalla Commissione Europea il 13 luglio 2021 ha considerato prioritario il tema della transizione ecologica, e lo stanziamento più elevato all’interno del Piano è stato destinato alla Transizione Energetica e mobilità sostenibile (Missione 2). Una fetta di oltre 23 mld di euro è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi strategici di decarbonizzazione attraverso una maggiore quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, il potenziamento delle infrastrutture di rete e la promozione della produzione e dell’utilizzo dell’idrogeno”. Bellissimi programmi, peccato che sia arrivata la guerra a rallentarne la realizzazione e a cambiarne il paradigma. Ora l’obiettivo primario è raggiungere la sicurezza energetica, da realizzare con una nuova politica dell’energia adatta per la nostra economia avanzata. Obbligatorio, quindi, per affrontare la più grave crisi energetica degli ultimi 50 anni (dal 1973) è impostare un programma energetico di governo, articolato in azioni di breve, medio e lungo periodo.
Nel breve periodo servono provvedimenti di emergenza che scongiurino follie di caro bollette e di inaccettabili aumenti del costo della benzina alla pompa. Si è scongiurato al momento lo sciopero degli autotrasporti e si deve fare il possibile per evitare che si ripetano gli episodi dei gilet gialli francesi. Il governo può agire sulla fiscalità e neutralizzare le accise sui carburanti. Uno sciopero prolungato del settore logistico arrecherebbe un grave danno a molti settori economici e alla popolazione.
Nel medio periodo sarà necessario l’intervento pubblico per incentivare e sostenere la diversificazione delle fonti energetiche in modo da renderla strutturale mentre si dovranno definire le nuove strategie politiche e le nuove alleanze per la sicurezza energetica del nostro Paese. Nel lungo periodo si renderanno necessari interventi per ammortizzare i contraccolpi della guerra sulle aggregazioni geopolitiche e, avviandosi al termine il percorso di attuazione del Green Deal, bisogna vigilare perché i costi sociali della transizione ecologica ed energetica non gravino esclusivamente sulle spalle dei cittadini.
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