Una figura luminosa
Lo scorso 19 febbraio è stato ricordato il centenario della nascita di Lino Monchieri. Nato a Brescia, nella frazione S. Bartolomeo, in Via Gabbiane, dove il nonno aveva una fucina di fabbro, crebbe a Borgo Trento, vicino alla storica fabbrica “OM” nella quale il papà era operaio.
Lino è deceduto all’età di 79 anni il 2 febbraio 2001. Una perdita non solo per la comunità bresciana, ma anche per le Istituzioni nelle quali egli operò con intensa generosità, come educatore, scrittore e testimone dell’esperienza vissuta nei lager nazisti, confidando nella funzione civile dello scrittore. A Brescia fu insegnante, Direttore didattico, Ispettore tecnico superiore del Ministero della Pubblica Istruzione. Fu inoltre Consigliere Nazionale e Presidente della Commissione di Cultura a Roma per gli ex internati in Germania. In tale ruolo promosse e diresse la ricca Collana di memorie e di testimonianze “Per non dimenticare”. Presso la Fondazione Luigi Micheletti istituì il Fondo Nazionale di documentazione V. E. Giuntella e fornì un forte contributo nella costituzione del Museo Nazionale dell’Internato Ignoto di Terranegra in provincia di Padova. Il suo Diario di prigionia è stato giudicato unanimemente “un autentico gioiello della letteratura memorialistica sulla deportazione degli italiani”. Le sue passioni, fin da ragazzo, erano state la lettura, la scrittura, il teatro. Dopo le scuole superiori (istituto magistrale) frequentò il corso di laurea in lingue straniere all’Università di Venezia, ma fu costretto ad interrompere gli studi per la chiamata alle armi.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo sorprese all’aeroporto di Padova, dove insieme a numerosi commilitoni venne fatto prigioniero e internato nei campi di lavoro in Germania. Rifiutò l’arruolamento nelle forze armate della RSI e tornò in Italia solo dopo la fine della guerra, non senza aver maturato la convinzione che la sua esperienza meritasse di essere fatta conoscere ai giovani, e che dalle vicende belliche emergesse la necessità di una nuova idea di Europa. In Italia riprese gli studi, si laureò in Pedagogia a Torino e, chiamato da Vittorino Chizzolini, collaborò con l’Editrice La Scuola, presso la quale fu autore prolifico di testi scolastici, redattore e direttore di riviste educative e di collane narrative e divulgative. Scrisse saggi, racconti, romanzi, leggende, storie e commedie.
Il suo impegno si concentrò nell’ambito educativo: credeva infatti fortemente nella scuola come opportunità di rinascita, di crescita e di emancipazione culturale. In contatto con i Padri della Pace, in particolare con Padre Ottorino Marcolini, divenne presidente di quella particolare forma di associazionismo giovanile che furono le BIM (Bande Irregolari Marcoliniane), occasione di crescita e svago per tanti giovani lavoratori.
Il suo impegno socio-politico si esplicò nelle Acli, nelle quali dal 1950 al 1953 fu Vicepresidente e primo direttore della rivista Acli bresciane. Ebbe come punto di riferimento ideale, oltre che gli insegnamenti di Padre Marcolini, quelli di don Primo Mazzolari. Nelle Acli seguì, nei primi anni di vita del Movimento, i corsi professionali dei lavoratori che avevano abbandonato la campagna, in cerca di nuova e migliore occupazione. Promosse, inoltre, le scuole per far acquisire il titolo di studio della scuola elementare a chi ne era sprovvisto. Nelle sue molteplici attività, fu sempre supportato dalla moglie Lina Tridenti, una battagliera donna partigiana originaria del Veneto. Lino fu uno straordinario testimone del nostro tempo, un maestro rigoroso di vita e di pensiero, un sicuro punto di riferimento culturale e ideale.
Scrivi un commento