Che cosa è la libertà?
“Non è uno spazio libero… è partecipazione” cantava qualcuno. Insieme a Égalité e Fraternité, la Liberté è il motto che guida l’impresa dei rivoluzionari francesi.
Molti giuristi e filosofi si sono soffermati sul concetto di libertà, tra i quali J.S. Mill ed Isaiah Berlin: quest’ultimo ne descrive due accezioni: da una parte la “libertà negativa” (“libertà da”), cioè non essere impediti da nessuno nelle proprie scelte, libertà dalla coercizione e dall’intromissione nel proprio “foro interiore”. Dall’altra parte, la “libertà positiva” (“libertà di”), libertà di essere padroni di se stessi.
È indubbio che la libertà rappresenti uno dei valori più importanti per ogni essere umano, assai caro anche alla nostra Costituzione: sulle macerie lasciate dal conflitto bellico, l’Assemblea Costituente, chiudendo nettamente la terribile parentesi fascista, proprio sulle libertà e sui diritti fondamentali – negati nel ventennio – ha voluto porre un’enfasi particolare, introducendo nel testo costituzionale il solenne impegno a “riconoscerli” e a “garantirli”.
La costituzione italiana
A partire dai primi articoli, infatti, la Costituzione consacra varie “tipologie” di libertà: la libertà personale (art.13), definita “inviolabile”, rappresenta il presupposto logico e giuridico di tutte le libertà riconosciute all’individuo:
- la libertà di domicilio;
- la libertà (nonché la segretezza) della corrispondenza (art.15);
- la libertà di circolazione e di soggiorno sul territorio nazionale (art.16);
- la libertà di riunione (art.17) e di associazione (art.18);
- la libertà di professare liberamente la propria fede (art.19);
- la libertà, sancita all’art.21, di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Sfogliando un dizionario, ci imbattiamo nella nozione di libertà (o meglio, in una delle tante): per libertà s’intende «la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla». Si può lottare e morire per la libertà; si può concedere, limitare, togliere, distruggere, violare, agognare; la si può (ri)conquistare, perdere, rivendicare.
Non si potrebbe essere “liberi insieme”?
In molte occasioni, anche in tempi di pandemia e di vaccini, si sente pronunciare la frase, attribuita a Martin Luther King, “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. L’espressione suscita perplessità nel momento in cui viene, da molti, interpretata in modo ambiguo e talvolta, in modo tristemente strumentale perché posta a fondamento di posizioni estreme: viene criticata da coloro che non vogliono sottoporsi al vaccino per varie ragioni e che, in nome del diritto all’autodeterminazione, pretendono il rispetto delle loro sacrosante scelte “personali”.
Le parole di M. L. King, trovano, invece, il plauso di coloro che, al contrario, ritengono legittime le limitazioni poste a quella che – a detta loro – libertà non è, bensì “libero arbitrio”, alimentato da scelte egoistiche più che personali, laddove le decisioni dovrebbero essere improntate a tutela dell’interesse generale.
La citazione, per quanto suggestiva sul piano teorico, all’atto pratico incontra notevoli difficoltà di applicazione. Davvero la libertà “finisce” nel momento in cui incontra quella altrui? E quale sarebbe l’esatto confine che separa la mia libertàdalla tua? Dove finiscono e cominciano le libertà di ciascuno? Non si potrebbe essere “liberi insieme”? Tale circolo vizioso potrebbe essere interrotto soltanto ad una condizione: se cioè tutti avessero uguali rischi, uguali diritti, uguali svantaggi; ma sappiamo bene che non è così. In altre parole: “quando si dice che la libertà deve essere la stessa per tigri e pecore e che lo Stato non può esercitare alcuna costrizione […] di fatto si permette alle prime di mangiare le seconde”.
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